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Momenti di vita Parrocchiale > 2008
I “DODICI” DISCEPOLI” DEL MARE DI CARIATI
di Maria Scorpiniti
CARIATI - La comunità parrocchiale di Cristo Re ha vissuto le celebrazioni legate alla passione, morte e resurrezione di Cristo confermando una tradizione religiosa e culturale radicata e condivisa dalla moltitudine di cariatesi che hanno preso parte ai riti della Settimana Santa con singolare devozione e raccoglimento. Una grande partecipazione ha, infatti, caratterizzato le celebrazioni, iniziate nella domenica delle Palme e proseguite con il Triduo di preghiere, culminato, poi, nella notte in cui “Cristo ha distrutto la morte”, come recita il Preconio pasquale.
Il Giovedì della Cena del Signore, don Mosè Cariati ha voluto che i Dodici fossero impersonati dai pescatori locali. Vestiti alla maniera degli antichi ebrei, essi hanno fatto il loro ingresso in chiesa al seguito del sacerdote, accompagnati dalle note suggestive di Murice Jarre, composte per il celebre film intitolato “Gesù di Nazaret”; le stesse note hanno fatto da sottofondo ad alcuni momenti particolarmente significativi della celebrazione, come quello in cui è avvenuta la consueta lavanda dei piedi. La scelta dei pescatori di Cariati per rappresentare i discepoli non è stata casuale, ha spiegato don Mosè nel corso dell’omelia, mettendo in risalto l’antica tradizione marinara della cittadina jonica; il parroco ha detto, inoltre, che si è trattato di dare un segnale di attenzione e vicinanza da parte della comunità parrocchiale a questa operosa categoria di lavoratori e alle loro famiglie: “Ogni giorno devono essere pronti ad affrontare il mare ed a superare le sue sfide, che poi – ha aggiunto – sono il simbolo delle avversità della vita”. Don Mosè ha quindi augurato ai pescatori cariatesi di farsi, come i discepoli di Gesù, pescatori di uomini.
Il Venerdì della Passione, dopo le celebrazioni nelle varie parrocchie, si è, invece, svolta la via crucis interparrocchiale con la tradizionale processione con l’effige del Cristo Morto seguita dalla Madonna Addolorata e dalla Veronica. Il corteo, partito dalla Cattedrale intitolata a San Michele Arcangelo, ha attraversato il Centro Storico, scendendo poi alla marina su un tragitto rischiarato da fiaccole accese sulle strade, sui davanzali e sui balconi adornati con le tipiche coperte tessute al telaio; in alcuni tratti croci luminose indicavano le varie “stazioni” del sacro percorso. Un’usanza antica e suggestiva, che si va sempre più affermando nel contesto dei riti pasquali del Venerdì, e quest’anno si è rinnovata, è quella di vestire le bambine come la Madonna addolorata, e cioè con un abito nero ricamato in oro; prima della processione, si è anche ripetuto il rito di radunarle sull’altare per invocare su di esse la benedizione e la protezione della Madre di Dio. Con la stessa fede e lo stesso fine, molte madri, nonne, zie hanno rinnovato la consuetudine di mettere le bambine e le ragazze “sotto il manto” di Maria, nei momenti precedenti all’uscita del sacro corteo. Da sottolineare la devozione con cui la gente ha partecipato ai patimenti di Cristo, particolarmente intensa nell’allestimento dei “sepolcri” nelle chiesette seicentesche di Sant’Antonio, dell’Annunziata e della Trinità, sempre nel borgo antico. Secondo la tradizione, ogni sepolcro viene adornato con cura dagli abitanti dei rispettivi rioni con i “laureddi”, i germogli di alcuni semi messi a dimora molti giorni prima e decorati con fiori primaverili, come gelsomini e margherite, e nastri colorati; al centro viene deposta una croce con l’immagine del Cristo morto, adagiata su cuscini ricamati, che le donne anziane vegliano per tutta la notte fra canti e lamenti in dialetto, tramandati da una tradizione orale antichissima. In ogni parrocchia, infine, sabato notte si è svolta la Solenne Veglia Pasquale con il lucernario e la benedizione dell’acqua, mentre la messa della domenica di Resurrezione è stata celebrata dall’arcivescovo Santo Marcianò in Cattedrale. (M.S.)
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