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Il «noi» della speranza
Messaggio per la Santa Pasqua 2012
Sono tre le dimensioni della chiamata, della vocazione, ha detto recentemente il Papa ai parroci di Roma (Discorso del 23 febbraio 2012). C’è una dimensione finale, che è Dio stesso. C’è una dimensione ecclesiale, che implica un «noi» di chiamati. E c’è una dimensione di futuro, di speranza: «la chiamata stessa è una speranza», ma «la speranza è nel “noi” di quelli che hanno la speranza, che amano all’interno della speranza». Non è facile, oggi, parlare di speranza senza correre il rischio di apparire disincarnati. Non è facile neppure per un pastore, che sa di rivolgersi a persone che rischiano concretamente la disperazione, a motivo di problemi non futili e sempre più pressanti. Non è facile parlare di speranza, anche se la speranza la senti viva nel cuore, la senti crescere in te, soprattutto nei momenti in cui l’umano impossibile sembra spalancare ancora di più lo spazio all’impossibile possibilità di Dio.
La Pasqua è il segno più straordinario di questo impossibile, è la chiamata più impellente alla speranza. Senza speranza non c’è Pasqua!
Vale anche per i problemi sociali questo discorso? Vale anche per il crinale pericoloso nel quale sembra avviato oggi il mondo del lavoro? E di quale speranza bisogna parlare in questa Pasqua a chi non ha lavoro, a chi ha perso il lavoro, a chi non sa dove e come cercare il lavoro?
Non c’è da parlare di speranza ma, come ha detto Benedetto XVI, di «amare all’interno della speranza». C’è bisogno di un «noi» sempre più vero, a livello ecclesiale, sociale e familiare, che sia orizzonte di una speranza salvifica, cioè che, letteralmente, salva dal rischio della disperazione.
È nel «noi» la speranza! E, se ci pensiamo bene, è la perdita del «noi» che oggi fa perdere la speranza. La perdita del «noi» dello Stato, delle Istituzioni, delle famiglie, delle comunità… La speranza è nel «noi» perché non ci dovrebbe essere alcun problema che appartiene esclusivamente al singolo. La speranza è nel «noi» perché rinasce quando qualcuno si fa carico di ciò che fa traballare la speranza del fratello.
Qualche giorno fa, nella “storica” riunione con gli amministratori dei comuni del territorio diocesano, ricordavo alcune parole con cui Giovanni Paolo II commenta Paolo che esorta a «portare i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2): «Non ci può essere lotta più efficace della solidarietà. Non ci può essere un programma di lotta migliore di quello della solidarietà. Altrimenti, i pesi diventano troppo pesanti. E la distribuzione di questi pesi aumenta in modo sproporzionato. Peggio ancora, quando si dice: “prima la lotta” (per esempio nel senso della lotta di classe), è molto facile che l’altro o gli altri restino sul “campo sociale” anzitutto come avversari. Come coloro che bisogna combattere. Distruggere. Non come coloro con cui bisogna cercare l’accordo, con i quali bisogna pensare insieme a come “portare i pesi”» (Danzica, 12 giugno 1987).
Rinnovo, ai responsabili della cosa pubblica e a tutti i cittadini, l’invito a riscoprire la chiamata ad essere un «noi» che dia speranza e futuro, per costruire insieme il bene della città dell’uomo. Un «noi» che accoglie concretamente con la solidarietà: che sovviene nella necessità, che inventa soluzioni nuove, attraverso la valorizzazione delle competenze come pure attraverso l’investimento delle risorse, a problemi che rischiano di sclerotizzarsi diventando un insuperabile ostacolo alla speranza. Un «noi» che si fa carico dei pesi di tutti.
Carissimi fratelli e sorelle,
anche quello della mancanza di lavoro di qualcuno è un peso che dobbiamo deciderci a portare tutti!
Non è compito della Chiesa fornire soluzioni politiche a problematiche economiche o sociali. Ma è dovere di ogni cristiano ricordare – prima di tutto a se stesso – come la speranza che il mattino di Pasqua annuncia il Signore Risorto la affida ad un «noi». Ogni peso non può essere del singolo ma del «noi» della famiglia, della società, della Chiesa; un peso del quale farci carico insieme. E ogni volta che il peso di qualcuno sarà considerato un peso e un problema «nostro», nessuno si sentirà più solo nel portarlo né sentirà impossibile la speranza. Che a Pasqua questa speranza rinasca, in molti, attraverso il nostro «noi».
Buona Pasqua di cuore. E così sia!
XSanto Marcianò
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