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Eventi > 2013
DALLA CALABRIA A MASSABIELLE
In 760 col pellegrinaggio Unitalsi
di Maria Scorpiniti
Sono stati 760 i pellegrini provenienti da tutta la regione che hanno preso parte al pellegrinaggio dell’Unitalsi calabrese guidato, quest’anno, da monsignor Nunzio Galatini, vescovo di Cassano allo Ionio. Organizzato e coordinato dal responsabile per la Calabria don Gianni Polimeni, parroco della Cattedrale di Reggio Calabria, a Lourdes i fedeli di Cariati, Scandale, Cirò, Corigliano, del reggino e del catanzarese sono stati accompagnati dai sacerdoti don Marco Scordo, parroco di Reggio Calabria, don Roberto Acaro di Montebello Ionico, padre Giuseppe Giordano, francescano minore di Reggio Calabria, padre Albert, missionario della Consolata di Locri, don Rino Le Pera, parroco di Scandale, don Saverio Mattei, parroco di Santa Caterina allo Ionio, don Giovanni Battista Tillieci, della diocesi di Oppido – Palmi, don Giuseppe Zurzolo, direttore pastorale della salute di Locri-Gerace. Don Gianni Polimeni ha definito il viaggio di quest’anno con il treno bianco “un itinerario di fede” fatto di preghiera, riconciliazione e vita comune. Per molti pellegrini e volontari è stato un ritorno nei luoghi che hanno segnato la vita di Santa Bernardetta dove, ogni anno, giungono migliaia di persone da ogni parte del mondo. A Lourdes il gruppo si è unito, poi, con gli altri fedeli giunti dalla Calabria in aereo e, insieme, hanno vissuto momenti densi di spiritualità, come la Via Crucis dei malati, la processione al calvario e la messa al Santissimo Cuore di Gesù, durante la quale Caterina Perre, una bambina di Reggio Calabria, ha celebrato la sua prima comunione; nell’occasione, hanno ricevuto la benedizione speciale della Madonna anche Pino e Mariateresa per il 25° anniversario del loro matrimonio, un’altra coppia calabrese ha festeggiato, invece, le nozze d’oro. Don Saverio Mattei, di Santa Caterina allo Ionio, che celebra quest’anno il 25° anniversario della sua ordinazione presbiterale, ha guidato poi il Santo Rosario alla grotta di Massabielle, anche se, per il tempo avverso, molti malati vi non hanno potuto prendere parte; la stessa cosa per la fiaccolata detta “aux flambeaux “. Coinvolgente, hanno riferito i partecipanti, anche la messa internazionale e la processione dell’adorazione eucaristica. In serata c’è stata la proiezione del film sulle apparizioni e, nella chiesa dedicata a Bernadette Soubirous, la giovane contadina a cui nel 1858 è apparsa la Madonna, la celebrazione conclusiva del pellegrinaggio. “Mi sono recato a Lourdes come volontario per il terzo anno consecutivo - ha affermato al suo ritorno a Cariati Leonardo Rizzo – e ogni volta mi stupisce l’atmosfera di fede e preghiera che accomuna i credenti da tutto il mondo; è bellissimo mettersi a disposizione dei malati con lo spirito della gratuità e nel segno dell’amicizia autentica; è un’esperienza da vivere, non si può descrivere con le parole”. Molti vanno in questo sacro luogo sperando di essere parte di un nuovo miracolo o di una nuova apparizione, invece, respirando la presenza di Dio e della Vergine Maria, ottengono il miracolo più importante, quello della conversione. A Lourdes la fede di ognuno si somma a quella degli altri e si manifesta in uno slancio collettivo, nell’affidamento fiducioso delle proprie ansie e delle proprie sofferenze all’intercessione della Mamma Celeste.
ANTONIO PAPARO, BARELLIERE DA 35 ANNI: IL VOLONTARIATO RIEMPIE LA MIA VITA
di Maria Scorpiniti
Antonio Paparo, maresciallo, comandante della Capitaneria di Porto di Cariati, nativo di Cirò Marina,dove vive la sua famiglia, è un unitalsiano fedelissimo. Prende parte da 35 anni ai pellegrinaggi a Lourdes come barelliere al servizio dei disabili. In uno di questi viaggi, ha conosciuto la dolcissima moglie Maria Cristina. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.
Cosa l’ha spinto a diventare volontario dell’Unitalsi?
Nella routine di una giornata lavorativa può rimanere un senso di vuoto che ci spinge a cercare qualcosa che ci faccia sentire realmente utili. Questo mi ha portato a scoprire nuove realtà non necessariamente collegate al lavoro. Una di queste è l’Unitalsi, un’associazione che assiste le persone disabili sia in Italia che all’estero con una serie di iniziative che anno per anno si moltiplicano. Nella nostra vita lavorativa in fondo facciamo fotocopie, telefonate, maneggiamo scartoffie… difficilmente riusciamo a sentirci non dico indispensabili, ma almeno importanti per gli altri.
Come nasce la sua “avventura” unitalsiana e in cosa consiste concretamente?
La mia esperienza con l’Unitalsi nasce all’età di 11 anni con il primo pellegrinaggio. Era il 1978 e da allora Lourdes è diventata la mia seconda casa, dove ritorno ogni anno con gioia, perché lì c’è la nostra mamma, Maria, che ci aspetta. Faccio parte della sottosezione di Cirò Marina e ogni sabato sera da Cariati mi reco presso nella sede e trascorro qualche ora con chi ha disabilità intellettive e fisiche, giocando e scherzando con loro. Ciò che per noi volontari è importante è stare bene insieme. Parliamo, socializziamo e ovviamente ci divertiamo. Durante l’anno organizziamo pellegrinaggi fuori regione e partecipiamo attivamente alle funzioni che si tengono nella parrocchia di San Cataldo di Cirò Marina. Con gli altri volontari, dame e barellieri, siamo sempre vicini a chi è in difficoltà.
Può raccontarci come ha incontrato sua moglie?
A volte all’interno dell’associazione può nascere una storia d’amore, come è capitato a me. Dopo l’esperienza della fine di un rapporto, ho visto una luce in fondo al tunnel che è diventata sempre più chiara e luminosa. Quella luce ha il nome di Maria Cristina, mia moglie, anche lei dama dell’Unitalsi.
Perché fare volontariato con i disabili ?
Ricopro un incarico di responsabilità, sono comandante del Porto di Cariati (CS) e maresciallo della Guardia Costiera. Faccio questo mestiere da ben 28 anni e cerco di dare sempre di più, ma spesso mi chiedo: cosa lascio agli altri alla fine della mia giornata? Il volontariato riempie la mia vita e le dà un senso. Mi piace pensare di poter essere d’aiuto a persone che nella vita devono affrontare delle difficoltà maggiori rispetto ad altri. Mi sento bene, utile. Sapere di contribuire ad alleggerire le loro sofferenze mi fa stare bene. Anche se chi non pratica il volontariato può pensare che siamo santi, noi non lo pensiamo mai. Non siamo angeli, santi, eroi. Per quanto mi riguarda, faccio sempre cose che amo fare. Spero che le mie figlie Luana e Dyana, anche se vivono lontane, seguano la mia stessa strada, come io stesso ho seguito quella di mio padre Attilio che era un volontario “storico” dell’Unitalsi. Quando ci ha lasciati nel 2005 ha voluto raggiungere la Casa del Padre con l’uniforme da barelliere per continuare il suo servizio anche lassù.
Un consiglio a chi volesse intraprendere la sua stessa esperienza. Con quale spirito bisogna accostarsi ad essa?
Penso che non ci sia bisogno di convincere nessuno. Fare volontariato deve essere spontaneo. Io l’ho sentito. Secondo me, basta essere persone corrette e altruiste nella vita di tutti i giorni, anche questo impegno può aiutarci nel nostro percorso di vita. Se pensiamo ai veri problemi della vita, ci accorgiamo che quasi sempre i motivi di liti, invidie e gelosie – ad esempio a lavoro su chi ha la sedia più comoda, chi è più simpatico al capo, chi ha lo stipendio più alto – sono superflui. Bisogna rendersi conto che ci sono persone con difficoltà molto più serie di te, ci lamentiamo per sciocchezze, dobbiamo imparare a dare il giusto valore alle cose, e provare a fare volontariato può aiutare in questo senso. Riuscire a instaurare un rapporto con chi ha difficoltà a parlare, sforzarsi a capire cosa ti vuol dire, stare vicino… sono esperienze che lasciano un segno. Con il volontariato possiamo sentirci davvero utili. In tutti questi viaggi ho conosciuto persone eccezionali così torno sempre volentieri a dare una mano. Voglio concludere con una frase di Papa Benedetto XVI che ho fatto mia: “Donare la vita, non prenderla. È proprio così che facciamo l’esperienza della libertà. La libertà da noi stessi, la vastità dell’essere. Proprio così, nell’essere utile, nell’essere una persona di cui c’è bisogno nel mondo, la nostra vita diventa importante e bella. Solo chi dona la propria vita, la trova”.
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